Quando l’errore medico diventa reato: la responsabilità penale del sanitario

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Quando si parla di responsabilità medica, si fa comunemente riferimento alle conseguenze giuridiche – civili e, nei casi più gravi, anche penali – che possono derivare da un errore commesso da un medico o da altro professionista sanitario nell’esercizio della propria attività. In presenza di un danno alla salute, il paziente ha la possibilità di agire in sede civile per ottenere un risarcimento, ma in alcune ipotesi particolarmente gravi può essere avviato anche un procedimento penale nei confronti del sanitario.

La materia è stata oggetto, negli ultimi anni, di significativi interventi legislativi, volti a bilanciare la necessaria tutela dei pazienti con l’esigenza di evitare una responsabilizzazione penale eccessiva o ingiustificata del personale medico. In questo contesto si inserisce l’art. 590-sexies del codice penale, norma cardine della responsabilità penale sanitaria, che ha inciso profondamente sui criteri di valutazione della colpa medica.

In questo articolo cercheremo di fare chiarezza su cosa si intenda per responsabilità medica, quali siano i suoi presupposti, e in quali casi si possa parlare – in concreto – di reato da parte del medico.

Che cos’è la responsabilità medica (o del sanitario)?

La responsabilità medica si riferisce alle conseguenze giuridiche che possono derivare dalla violazione, da parte di un professionista sanitario, degli obblighi connessi allo svolgimento della propria attività. Si tratta, in altri termini, della possibilità che un medico, un infermiere o altro operatore sanitario risponda – a vario titolo – per i danni causati al paziente nell’ambito di una prestazione sanitaria errata, inappropriata o omessa.

È importante distinguere tra responsabilità civile e responsabilità penale del sanitario. La prima ha natura risarcitoria e mira a ristorare il danno subito dal paziente, accertando se vi sia stata una violazione degli obblighi di diligenza, prudenza o perizia previsti dalla legge. La seconda ha invece rilievo pubblicistico e interviene nei soli casi in cui la condotta del sanitario integri gli estremi di un reato, come nel caso di lesioni personali colpose o omicidio colposo.

Ugualmente rilevante è la distinzione tra responsabilità del singolo professionista sanitario e quella della struttura sanitaria (pubblica o privata) presso cui la prestazione è stata eseguita. La prima riguarda la condotta individuale del medico o dell’operatore, la seconda coinvolge invece l’organizzazione complessiva del servizio, comprese eventuali carenze strutturali o gestionali.

Presupposti della responsabilità del sanitario

Affinché possa parlarsi di responsabilità – sia essa civile o penale – in capo a un sanitario, devono essere presenti alcuni elementi fondamentali, tra loro strettamente collegati: il danno, il nesso causale e la colpa.

  • Il danno consiste nella lesione dell’integrità fisica o psichica del paziente, e può assumere forme diverse (invalidità permanente o temporanea, peggioramento dello stato di salute psicofisica, morte, etc.);
  • Il nesso causale è il legame tra la condotta del sanitario e il danno subito dal paziente. In altri termini, occorre dimostrare che il danno non si sarebbe verificato se il medico avesse agito correttamente. La valutazione del nesso causale avviene secondo criteri diversi a seconda del tipo di responsabilità: in sede civile si applica un criterio probabilistico, mentre in sede penale è richiesto che la responsabilità (e dunque anche il nesso di causa) sia accertata oltre ogni ragionevole dubbio.
  • La colpa si configura quando la condotta del sanitario è contraria alle regole di diligenza, prudenza o perizia richieste dalla sua professione. Può derivare, ad esempio, da una diagnosi errata, da una terapia non adeguata, da un intervento eseguito con imperizia tecnica, oppure da una condotta negligente o imprudente.

La legge prevede quindi un sistema che non punisce il mero insuccesso terapeutico, ma soltanto quegli errori che si pongano al di sotto del livello di diligenza e competenza che ci si attende da un professionista sanitario medio.

La responsabilità civile del sanitario (cenni)

Nella maggior parte dei casi in cui un paziente ritenga di aver subito un danno a causa di un errore medico, la via ordinaria da seguire sarà quella civile, con l’obiettivo di ottenere un risarcimento. La richiesta risarcitoria può essere rivolta alla struttura sanitaria – pubblica o privata – oppure direttamente al medico o al professionista che ha eseguito la prestazione.

Tuttavia, agire contro il singolo medico è generalmente sconsigliabile. La ragione principale è che la responsabilità del sanitario ha natura extracontrattuale, il che significa che sarà il paziente a dover dimostrare – in modo completo e autonomo – l’errore, il danno e il nesso di causa. Al contrario, nei confronti della struttura sanitaria si configura una responsabilità contrattuale, con un regime probatorio più favorevole: sarà la struttura, infatti, a dover dimostrare di aver adempiuto correttamente ai propri obblighi. 

A ciò si aggiunge un ulteriore elemento non trascurabile: mentre l’azione contro la struttura si prescrive in dieci anni, quella contro il singolo medico si prescrive in cinque.

Per poter accedere al giudizio civile, la legge richiede una condizione di procedibilità, offrendo due strade alternative:

  • la consulenza tecnica preventiva (CTP), ex art. 696‑bis c.p.c., servizio volto a verificare preliminarmente la sussistenza dei presupposti di responsabilità (errore, nesso e danno), con nomina di un consulente tecnico da parte del giudice, il quale tenta anche un primo approccio conciliativo tra le parti;
  • oppure la mediazione civile obbligatoria, un tentativo di composizione della lite svolto con l’assistenza di un organismo specializzato e coinvolgendo la compagnia assicurativa della struttura.

Solo dopo aver avviato una di queste procedure sarà possibile proseguire con un’azione giudiziale in forma ordinaria.

La responsabilità penale del sanitario

Quando l’errore sanitario assume un rilievo particolarmente grave, tanto da integrare gli estremi di un reato, si apre il profilo della responsabilità penale del sanitario. In questi casi non si tratta più soltanto di risarcire il danno provocato al paziente, ma di accertare – nell’ambito di un procedimento penale – se il medico abbia commesso un fatto punibile secondo la legge.

I reati che più frequentemente vengono contestati in ambito sanitario sono le lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) e l’omicidio colposo (art. 589 c.p.), per i quali può essere chiamato a rispondere il medico che, con condotta imprudente, negligente o imperita, abbia causato un danno grave alla salute o la morte del paziente.

Un punto centrale nella disciplina penale è oggi rappresentato dall’art. 590-sexies del codice penale, introdotto con la legge Gelli-Bianco (L. 24/2017). Si tratta di una causa speciale di non punibilità che opera nei confronti dell’esercente la professione sanitaria nei casi di colpa lieve da imperizia, purché l’intervento sia stato eseguito nel rispetto delle linee guida o delle buone pratiche clinico-assistenziali pubblicate e validate secondo le indicazioni normative.

La norma si applica esclusivamente alla fase esecutiva della prestazione sanitaria e non copre i casi di colpa grave, né quelli derivanti da negligenza o imprudenza. In questi casi, l’esimente non opera, e il medico può essere condannato se risulterà provata – oltre ogni ragionevole dubbio – la sua responsabilità.

La distinzione tra colpa lieve e colpa grave è affidata alla valutazione del giudice, che deve tenere conto di vari fattori, tra cui:

  • il grado di difficoltà dell’intervento;
  • il contesto in cui è stata svolta la prestazione;
  • il livello di specializzazione del sanitario;
  • il grado di deviazione rispetto alle condotte raccomandate.

A chiarire l’applicazione della norma è intervenuta la sentenza “Mariotti” delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 8770/2018), che ha precisato che la causa di non punibilità si applica solo alla colpa lieve da imperizia e non può essere estesa agli altri profili soggettivi della colpa. In altre parole, la colpa per negligenza o imprudenza resta sempre punibile, anche se lieve.

Il giudizio penale, com’è noto, richiede un livello di prova molto elevato: ogni elemento del reato – compresa la colpa e il nesso causale – deve essere dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio. Questo rende particolarmente delicato l’accertamento di responsabilità penale in ambito medico, dove le scelte cliniche sono spesso complesse e condizionate da numerose variabili operative.

Le strade per ottenere un risarcimento del danno

Chi ritiene di aver subito un danno a causa di un errore medico ha, in linea generale, due possibili percorsi per ottenere un risarcimento: l’azione civile autonoma oppure la costituzione di parte civile nel processo penale.

La via civile rappresenta la strada ordinaria nei casi di malasanità. Il paziente può agire direttamente contro la struttura sanitaria – in via contrattuale – o, in ipotesi più limitate, contro il singolo medico, chiedendo il risarcimento del danno. Come visto, prima di poter avviare un giudizio civile è necessario esperire una delle condizioni di procedibilità previste dalla legge: consulenza tecnica preventiva o mediazione obbligatoria.

L’azione penale si rivela invece opportuna nei casi più gravi, in cui sin da subito emergano circostanze oggettive che facciano ragionevolmente ipotizzare una responsabilità del sanitario per lesioni colpose o omicidio colposo. In tali ipotesi, la persona offesa può depositare una querela o una denuncia, e – in caso di apertura di un procedimento penale – costituirsi parte civile nel processo per far valere la propria domanda risarcitoria.

Oltre all’accertamento della responsabilità penale, l’azione penale può offrire anche un vantaggio strategico in termini di raccolta delle prove, poiché consente di accedere alle indagini condotte dal pubblico ministero, agli atti acquisiti dalla polizia giudiziaria, nonché a eventuali consulenze tecniche disposte d’ufficio.

Va però tenuto presente che l’azione penale ha ambiti di applicazione più ristretti: la responsabilità penale, come visto, è limitata ai soli casi di colpa grave da imperizia o di comportamenti imprudenti o negligenti, anche se lievi. Inoltre, l’accertamento in sede penale richiede un livello di prova molto più elevato rispetto a quello civile.

Va però tenuto presente che l’azione penale ha ambiti di applicazione più ristretti: la responsabilità penale, come visto, è limitata ai soli casi di colpa grave da imperizia o di comportamenti imprudenti o negligenti, anche se lievi. Inoltre, l’accertamento in sede penale richiede un livello di prova molto più elevato rispetto a quello civile.

Conclusioni

La responsabilità medica è una materia complessa, che richiede una valutazione attenta sia sotto il profilo giuridico che tecnico-sanitario. Quando si sospetta di aver subito un danno in ambito sanitario, è fondamentale comprendere quali siano le strade percorribili, distinguendo tra le ipotesi di natura risarcitoria e quelle in cui può configurarsi una vera e propria responsabilità penale.

L’avvio di un procedimento penale va attentamente valutato nei casi più gravi, quando emergano elementi concreti che facciano ipotizzare una responsabilità del sanitario per lesioni personali o, nei casi più estremi, per omicidio colposo. In questi scenari, il processo penale non è solo uno strumento per accertare i fatti, ma può anche rappresentare un mezzo efficace per la raccolta delle prove, in vista di un’eventuale azione risarcitoria.

Se ti trovi coinvolto – come paziente o come professionista sanitario – in una vicenda di presunta malasanità, una consulenza legale qualificata può fare la differenza. Ogni caso è diverso, e richiede un’analisi tecnica rigorosa, calibrata sulle circostanze specifiche.

Se hai pertanto bisogno di assistenza in materia di responsabilità penale sanitaria – perché ritieni di aver subito un danno o perché sei un sanitario chiamato a rispondere della propria condotta – non esitare a contattare lo Studio Penale D’Orlando. Siamo pronti ad assisterti con la massima professionalità, competenza e specializzazione, per tutelare al meglio i tuoi diritti.

L'intervento dell'Avvocato Penalista Sebastiano D'Orlando sulla Responsabilità Penale del Sanitario

Sebastiano D'Orlando
L’avvocato Penalista Sebastiano D’Orlando si è laureato con Lode in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Udine ed è iscritto all’Albo degli Avvocati del Foro di Padova.
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